Con l'opera d'arte il genio comunica agli altri l'idea percepita. L'idea rimane dunque immutata e identica: uno e identico è anche il piacere estetico relativo, sia esso prodotto da un'opera dell'arte o direttamente dall'intuizione della natura e della vita. L'opera d'arte è semplicemente un mezzo per rendere più facile quella conoscenza in cui consiste il piacere estetico. Lo svelarsi a noi dell'idea meglio nell'opera d'arte, che non direttamente dalla natura e dalla realtà, dipende dal fatto che l'artista, il quale l'idea sola e non la realtà conobbe, nell'opera sua appunto l'idea pura ha riprodotto, l'ha isolata dalla realtà, tralasciando ogni causalità perturbatrice. L'artista ci fa attraverso i suoi occhi guardare dentro al mondo. L'aver questi occhi, il conoscer nelle cose l'essenziale, che sta fuor d'ogni relazione, è proprio il dono del genio, la qualità innata; ma l'essere in grado di comunicare anche a noi questo dono, dare a noi i suoi occhi, è la qualità acquisita, la tecnica dell'arte. Perciò dopo aver nelle pagine precedenti esposta l'intima natura della conoscenza estetica nelle sue linee più generiche, il più minuto esame filosofico del bello e del sublime, che ora segue, mostrerà entrambi nella natura e nell'arte insieme, senza continuare a distinguere. Vedremo dapprima quel che accade nell'uomo, quando il bello lo tocca, e quando il sublime: se poi questa commozione egli l'attinga direttamente dalla natura, dalla vita, oppure ne sia partecipe solo per mezzo dell'arte, non costituisce un'essenziale bensì appena un'esteriore differenza.
| |
|