L'oggettivo soltanto, non l'individuale-soggettivo è rievocato dalla fantasia, e noi c'immaginiamo che quella visione oggettiva stesse allora davanti a noi così pura, così incontaminata dalla volontà, come ora ci sta la sua immagine nella fantasia: mentre invece la relazione degli oggetti col nostro volere ci creava tormento allora come adesso. Noi possiamo per mezzo degli oggetti presenti sottrarci a tutti i dolori come per mezzo dei lontani, sol che ci eleviamo alla pura considerazione oggettiva di quelli, e perveniamo così a produrre l'illusione che essi soli, e non già noi stessi, siano presenti: allora, disciolti dal prepotente Io, come puri soggetti del conoscere saremo tutt'uno con quegli oggetti. E nel modo ond'è loro indifferente il nostro affanno, così è questo, in tali istanti, indifferente a noi medesimi. Sopravvive allora unicamente il mondo quale rappresentazione, e il mondo quale volontà è svanito. Con tutte queste considerazioni vorrei aver chiarito di qual genere e quanto grande sia la parte che nel piacere estetico ha la condizione soggettiva di esso, cioè la liberazione del conoscere dal servizio della volontà, l'oblio di se stesso in quanto individuo, e l'elevazione della conscienza a puro, libero da volontà, fuori del tempo, da ogni relazione indipendente soggetto del conoscere. Con questo aspetto soggettivo della contemplazione estetica si presenta ognora congiunto, qual necessario correlato, l'aspetto oggettivo di quella: la percezione intuitiva dell'idea platonica.
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