Ma se appunto quegli oggetti, le cui forme significative ci invitano alla contemplazione pura, hanno un atteggiamento ostile verso l'umana volontà in genere, quale si palesa nella sua oggettità – nel corpo umano –, ed a quella s'oppongono, e la minacciano con la lor forza superiore, che vince ogni resistenza, o davanti alla propria smisurata grandezza la impiccioliscono fino al nulla; e pur ciò nondimeno il contemplatore non volge l'attenzione a questa premente mossa ostile contro la volontà di lui, ma, pure accorgendosene e riconoscendola, conscientemente ne rimuove lo sguardo, nel mentre si discioglie con vigore dalla volontà e dalle sue relazioni e, tutto dato alla conoscenza, appunto quegli oggetti per la volontà paurosi contempla tranquillo come puro soggetto del conoscere; solo cogliendone l'idea, estranea ad ogni relazione, e quindi indugiandosi volentieri a contemplarli, sentendosi così levato sopra se stesso, sopra la propria persona, la volontà propria e la volontà in genere: – allora lo riempie il sentimento del sublime; egli è in istato di elevazione, e perciò si dice sublime anche l'oggetto che un tale stato ha prodotto. Ciò che adunque distingue il sentimento del sublime dal sentimento del bello, è questo: nel bello il puro conoscere ha preso senza lotta il sopravvento, mentre la bellezza dell'oggetto, ossia la conformazione di esso, che ne lascia facilmente conoscer l'idea, ha senza opposizione e quasi inavvertitamente la volontà e la conoscenza delle relazioni, che la serve, allontanato dalla conscienza; e lasciata questa sopravvivere come puro soggetto del conoscere, sì che della volontà non resta neppure un ricordo; invece nel sublime quello stato del puro conoscere è raggiunto solo mediante un conscio ed energico districarsi dalle relazioni di quello stesso oggetto con la volontà, riconosciute sfavorevoli; e mediante un libero elevarsi, accompagnato dalla conscienza, sopra la volontà come sopra la conoscenza che a lei si riferisce.
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