Nel dominio di questa si trova, col mondo vegetale, anche tutta l'altra natura priva di conoscenza. Nella natura morta, e nella riproduzione di opere architettoniche, rovine, interni di chiese, etc., prevale il lato soggettivo del godimento estetico: ossia il piacere che ne abbiamo non sta principalmente e direttamente nella percezione delle idee rappresentate, bensì di più nel correlato soggettivo di questa percezione, nel puro conoscere scevro di volere. Perché, mentre il pittore ci fa veder le cose co' suoi occhi, sentiamo in pari tempo dentro di noi medesimi quasi riflettersi la profonda serenità di spirito e il perfetto silenzio della volontà, che sono stati necessari per concentrar sì appieno la conoscenza in quegli oggetti inanimati, e con tanto amore – ossia a tal grado di obiettività – riprodurli. L'effetto della vera e propria pittura di paesaggio è ancora, a dire il vero, dello stesso genere; ma poi che le idee rappresentate, come gradi più alti nell'oggettità della volontà, sono già più significanti ed espressive, vien fuori in maggior misura il lato obiettivo del piacere estetico, e sta a pari col soggettivo. Il puro conoscere, come tale, non è più quel che solo conta; ma con eguale potenza agisce l'idea conosciuta, il mondo come rappresentazione, in un notevole grado di oggettivazione della volontà.
Ma un grado ben più alto rivela la pittura e scultura d'animali; della quale ultima abbiamo importanti avanzi antichi, per esempio cavalli, a Venezia, a Monte Cavallo, sui rilievi di Elgin, ed anche a Firenze, in bronzo o marmo (quivi pur l'antico cignale, gli urlanti lupi); e i leoni dell'arsenale di Venezia, e in Vaticano tutta una sala piena d'animali in massima parte antichi, e così via.
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