Poiché adunque, a causa dei limiti dell'arte, non poteva il dolore di Laocoonte venire espresso col grido, dovè l'artista porre in uso ogni altra espressione del dolore stesso: questo egli ha fatto con perfezione suprema, secondo espone sì magistralmente Winckelmann (Werke, vol. VI, pp. 104 sg.), la cui mirabile descrizione acquista perciò valore e verità pieni, quando se ne tolga soltanto l'attribuzione a Laocoonte di un animo stoico.
§ 47.
Essendo bellezza e grazia il principale oggetto della scultura, questa predilige il nudo, e tollera vestimento solo se esso non cela le forme. Del drappeggiamento si serve non per nascondere, ma per rappresentare in un modo indiretto la forma: maniera di rappresentare, che molto occupa l'intelletto, il quale così non perviene all'intuizione della causa, ossia della forma corporea, se non attraverso il solo effetto datogli direttamente, ossia attraverso la disposizione delle pieghe. Il drappeggiamento è quindi nella scultura in certo modo quel che nella pittura è lo scorcio.
L'uno e l'altro sono accenni: non già simbolici, ma tali, che – quando siano ben riusciti – direttamente costringono l'intelletto a intuir la cosa accennata come se fosse effettiva, rappresentata in realtà.
Mi sia concesso d'intercalar qui per incidenza un paragone riferentesi alle arti oratorie. Come la bella forma corporea è nel modo più vantaggioso visibile con un abbigliamento leggerissimo, o addirittura senza, e quindi un uomo molto bello se avesse buon gusto e gli fosse lecito usarne, andrebbe di preferenza quasi nudo, vestito appena a mo' degli antichi; – così ciascuno spirito bello, ricco di pensiero, si esprimerà sempre nella più naturale, schietta, semplice maniera; cercando, ove sia possibile, di comunicare agli altri i suoi pensieri, per alleviare così a se stesso la solitudine che in un mondo come questo deve sentire.
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