A tal fine servono nella poesia i molti epiteti, dai quali viene limitata l'universalità di ciascun concetto, sempre più, fino a renderlo intuibile. Omero accoppia quasi a ogni sostantivo un aggettivo, il cui concetto taglia la sfera del concetto primo, e tosto considerevolmente la riduce, sì che questo già molto s'avvicina all'intuizione: per esempio
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(Occidit vero in Oceanum splendidum lumen solis,
Trahens noctem nigram super almam terram).
E i versi:
Un lieve vento dal cielo azzurro spira,
Sta immoto il mirto ed alto sta l'alloro24.
Da pochi concetti traggono innanzi alla fantasia sensibilmente tutta l'ebbrezza del clima meridionale.
Ausiliarii tutti proprii della poesia sono ritmo e rima. Del loro effetto, efficace in modo incredibile, non so dare altra spiegazione se non questa: che le nostre forze rappresentative, essenzialmente legate al tempo, ne abbiano derivata una proprietà, in grazia della quale noi si segue internamente ogni suono ripetentesi a regolari intervalli, e quasi facciamo coro. Perciò in parte ritmo e rima diventano un vincolo per la nostra attenzione, facendoci ascoltar più volentieri la recitazione; e in parte sorge dentro di noi per loro mezzo quasi un intuitivo accompagnamento musicale, anteriore a ogni giudizio, di ciò che vien recitato: dal che questo prende un certo potere di persuasione enfatico, indipendente da tutte le ragioni.
Per l'universalità della materia, di cui la poesia si vale a comunicar le idee – ossia, de' concetti – molto vasta è la cerchia del suo dominio.
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Occidit Oceanum
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