Assoluta condizione, per comprendere la poesia come la storia, è l'esperienza propria: perché è quasi il dizionario della lingua, che parlano entrambe. Ma la storia sta alla poesia come il ritratto sta al quadro storico: quello rende il vero nel particolare, questo il vero in generale: quello rende la verità del fenomeno, e col fenomeno documenta la verità; questo rende la verità dell'idea, che non si trova in nessun fenomeno singolo ma da tutti parla. Il poeta rappresenta con opportuna scelta e intenzione significanti caratteri in significanti situazioni: lo storico prende queste e quelli come vengono. Anzi, egli non ha da considerare e scegliere le circostanze e le persone secondo la loro interna, genuina significazione, esprimente l'idea; ma piuttosto secondo la significazione esterna, apparente, relativa, importante rispetto ai loro nessi, alle loro conseguenze. Nessuna cosa può guardare in sé e per sé, nel carattere e nell'espressione essenziali, bensì deve tutto considerare in rapporto alla relazione, alla concatenazione, all'influsso e a ciò che ne consegue; in rapporto, soprattutto, alla sua epoca. Non potrà quindi trascurar l'azione di un re, anche se poco importante, anzi in se stessa ordinaria: perché quest'azione ha conseguenze ed effetto. Viceversa non dovrà far cenno di azioni per se medesime significantissime, compiute da singoli, eminenti individui, quando non abbiano avuto né conseguenze né effetto. Imperocché la sua indagine procede secondo il principio di ragione, e s'attacca al fenomeno, di cui quello è forma.
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