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      ». Invece il pretender la cosiddetta giustizia poetica poggia sopra un assoluto misconoscer l'essenza della tragedia, anzi l'essenza del mondo. Sfacciatamente questa pretesa si mostra in tutta la sua scipitaggine nei saggi critici, che il dr. Samuel Johnson ha scritto su ciascun dramma di Shakespeare, dov'egli in maniera proprio ingenua lamenta che la giustizia poetica sia sempre trascurata. Ed è vero: che male hanno commesso le Ofelie, le Desdemone, le Cordelie? Ma soltanto la piatta, ottimista, protestante-razionalistica, o propriamente giudaica concezione del mondo pretenderà la giustizia poetica e troverà il proprio soddisfacimento nel soddisfacimento di quella. Il vero senso della tragedia è la cognizione ben più profonda, che l'eroe non sconta i suoi peccati personali, ma il peccato universale, ossia la colpa stessa dell'essere:
      Pues el delito mayorDel hombre es haber nacido31,
      come apertamente afferma Calderón.
      Guardando più da presso il modo di compor la tragedia, voglio permettermi ancora un'osservazione. Il rappresentare una grande sventura è la sola cosa essenziale alla tragedia. Ma le molte vie, per le quali la sventura può essere introdotta dal poeta, sono di tre specie. Può accadere per la straordinaria perfidia, spinta a toccar gli estremi limiti della possibilità, d'un carattere, il quale diventa causa della sventura: esempi di questo genere sono Riccardo III, Jago nell'Otello, Shylok nel Mercante di Venezia, Franz Moor, la Fedra d'Euripide, Creonte nell'Antigone e così via.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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