Oppure può accadere per un cieco destino, ossia caso ed errore: di tale specie è un vero modello il re Edipo di Sofocle, ed anche le Trachinie, e in genere la maggior parte delle tragedie antiche; tra le moderne sono esempi Romeo e Giulietta, il Tancred di Voltaire, la Fidanzata di Messina. La sventura può esser cagionata in fine dalla semplice situazione rispettiva delle persone, dai loro rapporti, sì che non v'ha bisogno né d'un mostruoso errore o d'un caso inaudito, né d'un carattere, che tocchi i confini umani del male: ma caratteri come sotto il rispetto morale ve n'ha tanti, in circostanze quali occorrono sovente, sono posti di fronte in modo, che la situazione loro li costringe a farsi l'un l'altro, sapendo e vedendo, il più gran male, senza che in ciò il torto sia tutto da una parte sola. Quest'ultima specie sembra a me di molto preferibile alle altre due: imperocché ci fa apparir la più grande delle sventure non come un'eccezione, non come effetto di circostanze rare o di mostruosi caratteri, ma come alcunché venuto facilmente e spontaneamente, quasi per naturale necessità, dall'azione e dai caratteri degli uomini; e appunto perciò la rende in terribile modo vicina a noi stessi. E se noi nelle altre due specie vediamo il mostruoso destino e l'orrenda malvagità bensì come forze terribili, ma che solo da gran distanza ci minacciano e alle quali possiamo sfuggire, senza cercar ricovero nella completa rinunzia, l'ultima invece presenta a noi quelle forze, onde felicità e vita son travolte, come fatte di tal natura che anche contro di noi possono aprirsi la via ad ogni istante; e il più gran dolore può venirci da complicazioni, la cui essenza può pesare anche sul nostro destino, e da azioni, che noi anche saremmo capaci di commettere, sì che non potremmo lagnarci d'ingiustizia.
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