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      Perché le melodie sono, in un certo modo, così come i concetti universali, un'astrazione della realtà. Quest'ultima, invero, fornisce l'intuitivo, il particolare e individuale, il caso singolo, in corrispondenza sia all'universalità dei concetti, sia all'universalità delle melodie; le quali universalità sono tuttavia, sotto un certo rispetto, contrarie: poiché i concetti contengono soltanto le forme primamente astratte dall'intuizione, quasi il vuoto guscio esterno delle cose, e sono quindi astrazioni vere e proprie; mentre la musica da invece il nocciolo più interno, precedente a ogni formazione, ossia il cuore della cosa. Questo rapporto si potrebbe esprimere benissimo nella lingua degli scolastici, dicendo: i concetti sono gli universalia post rem, mentre la musica dà gli universalia ante rem, e la realtà gli universalia in re. Al senso universale della melodia, posta ad accompagnare una poesia, potrebbero corrispondere egualmente altri esempi, scelti a piacere, dell'universale in quella espresso, nello stesso grado; perciò la stessa composizione s'adatta a più strofe, e perciò si può avere il vaudeville. Ma in genere l'esser possibile un rapporto tra una composizione musicale e una rappresentazione intuitiva poggia, come ho osservato, sul fatto che l'una e l'altra sono espressioni differentissime della stessa intima essenza del mondo. Ora, quando s'abbia davvero nel caso singolo un tal rapporto, e il compositore abbia saputo esprimere nell'universale lingua della musica quei moti della volontà, che formano il nocciolo di un evento, allora la melodia della canzone o la musica dell'opera è altamente espressiva.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368