Pagina (169/368)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Distinguiamo adunque dolore e morte come due mali affatto diversi; ciò, che nella morte temiamo, è in realtà la fine dell'individuo, che tale apertamente ci si palesa la morte; e poi che l'individuo è la volontà di vivere medesima, in una singola oggettivazione, tutto l'esser suo contro la morte si ribella. Ma, dove in siffatta maniera il sentimento ci lascia senza difesa, può nondimeno subentrare la ragione, e per massima parte vincere le ripugnanze di quello, elevandoci ad una considerazione più alta, dove noi, invece del singolo, abbiamo davanti agli occhi il tutto. Perciò una cognizione filosofica dell'essenza del mondo, la quale fosse pervenuta fino al punto in cui ci troviamo nella nostra indagine, ma non andasse più oltre, già potrebbe superare i terrori della morte: nella misura, in cui la riflessione avesse per un dato individuo il sopravvento sul diretto sentire. Immaginiamo un uomo, che le verità finora esposte abbia ben fissate nella mente, ma non sia insieme arrivato, né per esperienza propria, né per visione larga delle cose, a riconoscer come essenziali in ogni vita un diuturno dolore, bensì nella vita trovi soddisfazione, e ci si senta a suo pieno agio, e con tranquilla riflessione desideri veder continuata indefinitamente la sua vita, quale fu in passato, o aver sempre nuovo principio. E sia il suo ardor vitale sì grande, che per le gioie del vivere egli accetti volenteroso tutti i fastidi e le pene, a cui il vivere è soggetto. Un tale uomo starebbe «con salde ben midollate ossa sulla bene arrotondata, durabile terra», e non avrebbe nulla da temere: armato della conoscenza, che noi gli diamo, indifferente guarderebbe la morte sulle ali del tempo rapida appressantesi, contemplandola come una falsa apparenza, un impotente fantasma, che può far paura ai deboli, ma nessuna forza ha su quegli, che sa d'esser egli medesimo quella volontà, la cui oggettivazione o immagine è il mondo intero; quegli, cui rimangono perciò sicuri sempre la vita ed il presente, la vera, l'unica forma del fenomeno della volontà; quegli, cui nessun passato o avvenire infinito, nel quale e' non si trovasse, può sbigottire, poiché li considera come il vano miraggio ed il velo di Maja; quegli, che non dovrebbe quindi temer la morte, più che il sole non tema la notte.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Maja