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      Il contrario, la negazione della volontà di vivere, si mostra quando, raggiunta quella cognizione, la volontà finisce; allor che i singoli fenomeni conosciuti non agiscono più come motivi della volontà, ma invece tutta intera la cognizione, maturata con l'afferrar le idee, dell'essenza del mondo, il quale rispecchia la volontà, diventa un quietivo della volontà stessa, e così la volontà liberamente si sopprime. Questi concetti affatto sconosciuti, e difficilmente comprensibili in questa forma generica, diventeranno chiari, spero, con l'esposizione, che tosto seguirà, dei fenomeni, o, nel caso nostro, modi di agire, ne' quali da un lato s'esprime l'affermazione, nei suoi diversi gradi, e dall'altro la negazione. Imperocché entrambe procedono bensì dalla conoscenza, ma non da quella astratta, che si rivela in parole, bensì da una conoscenza vivente, la quale unicamente si rivela nei fatti e nel tenore di vita; e rimane indipendente dai dogmi, che in proposito, come conoscenza astratta, occupano la ragione. Semplicemente l'una e l'altra esporre, e recare a limpida conoscenza della ragione, può essere mio scopo: e non prescrivere o raccomandar questa o quella; il che sarebbe stolto non meno che inutile, perché la volontà è in sé assolutamente libera, da sola determina se stessa, né sono leggi per lei. Questa libertà e la sua relazione con la necessità dobbiamo nondimeno in primo luogo, e prima di procedere alla suindicata esposizione, illustrare e in maniera precisa determinare; e inoltre sulla vita, la cui affermazione o negazione forma il nostro problema, avanzare alcuni pensieri generici, riferentisi alla volontà e ai suoi oggetti.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368