Questo è pure il concetto nostro, ma non m'assumo certo di sostenere le conseguenze, che vennero dall'unione di tal concetto giustissimo coi dogmi, che lo avevan preceduto nella dottrina ebraica, e che generarono la difficoltà massima, l'eternamente indistricabile nodo gordiano, intorno a cui s'aggira la più gran parte delle dispute ecclesiastiche. Una tal difesa è assai male riuscita perfino all'apostolo Paolo, col suo apologo del vasaio, introdotto per questo fine: il risultato sarebbe quello espresso nei versi che seguono:
Tema gl'Iddii
L'umana razza!
Han nelle eterneMani il potere:
Possono usarloCome a lor piace42.
Ma siffatte considerazioni sono in verità estranee al nostro soggetto. Più appropriati saranno alcuni chiarimenti sul rapporto tra il carattere e la conoscenza, nella quale stanno tutti i motivi di quello.
I motivi, che determinano la manifestazione del carattere, ossia l'azione, sul carattere medesimo agiscono pel tramite della conoscenza. Ma la conoscenza è mutevole, sovente oscilla tra errore e verità, sebbene di regola venga sempre più a rettificarsi, se pure in grado assai diverso, col proceder della vita. Perciò è possibile, che la condotta di un uomo venga osservabilmente cambiata, senza che si possa inferirne un cambiamento del suo carattere. Quel che l'uomo veramente e genericamente vuole, l'aspirazione del suo più intimo essere e la meta, a cui seguendo quell'aspirazione egli è diretto, tutto ciò non possiamo mai modificare né con influenze esteriori né con ammonimenti: per riuscirvi, dovremmo rifarlo di pianta.
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Paolo Iddii
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