Seneca dice benissimo: vette non discitur, mostrando con ciò di anteporre la verità ai suoi cari Stoici, che ammonivano ???????? ????? ??? ?????? (doceri posse virtutem). Dall'esterno si può influir sulla volontà solo mediante motivi. Ma questi non posson mai mutare la volontà medesima, che su lei hanno potere solo a condizione ch'ella sia qual è. Il lor potere si riduce adunque a modificare la strada della sua aspirazione; ossia a far ch'ella cerchi per un'altra via quel che immutabilmente s'è proposto. Ammonimenti, o più retta conoscenza, insomma tutti gl'influssi esteriori, possono bensì avvertirla d'aver sbagliato nei mezzi, e far ch'ella persegua per tutt'altra via, o addirittura in tutt'altro oggetto, il medesimo scopo, a cui già mirava secondo la propria intima natura: ma non posson mai fare ch'ella voglia davvero cosa diversa da quella fino allora voluta; la quale rimane immutabile, essendo per l'appunto tutt'uno con quella volontà medesima, che altrimenti dovrebbe esser soppressa. Invece la mutevolezza della conoscenza, e quindi della condotta, va tant'oltre, che la volontà si sforza di raggiungere il suo scopo immutabile, per esempio il paradiso di Maometto, or nella vita reale, ora in un mondo immaginario; disponendo a ciò i mezzi opportuni, e quindi nel primo caso adoprando astuzia, violenza e inganno, nel secondo astinenza, giustizia, elemosina, pellegrinaggio alla Mecca. Ma per questo non è mutata la sua aspirazione, e tanto meno egli stesso. Quindi, anche se il suo operare può esser molto diverso in diverse epoche, è il suo volere tuttavia rimasto il medesimo.
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