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      Velle non discitur.
      Perché i motivi agiscano, si richiede non soltanto la loro esistenza, ma anche l'esser conosciuti: perché, come dice l'eccellente espressione degli scolastici, già ricordata, causa finalis movet non secundum suum esse reale, sed secundum esse cognitum. Perché, ad esempio, si palesi il rapporto, che reciprocamente hanno in un dato uomo egoismo e compassione, non basta che costui possegga delle ricchezze e vegga la miseria di altri; egli deve anche sapere, che cosa può farsi con la ricchezza, sia per sé, sia per altri; e non solo rappresentarglisi l'altrui pena, ma deve anch'egli sapere che cosa sia pena, e pur che cosa sia gioia. Tutto ciò non saprebbe egli forse tanto bene in un primo incontro, quanto in un secondo; e se in occasione simile agisce differentemente, questo dipende solo dall'esser diverse, in realtà, le circostanze: soprattutto nella parte che dipende dal suo conoscimento; anche se paiano esser le medesime. Come l'esser ignorate toglie a circostanze effettivamente esistenti ogni maniera d'azione, così posson d'altra parte circostanze affatto immaginarie agire al modo delle reali; non solo per effetto d'una illusione isolata, ma anche nel loro complesso, e durevolmente. Se per esempio un uomo viene fermamente convinto che ogni buona azione gli sarà a cento doppi ripagata nella vita futura, codesta persuasione vale e vige come una sicura cambiale a lunghissima scadenza, ed egli per egoismo può dare, come, sotto altri riguardi, per egoismo prenderebbe.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368