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      Non ci possiamo risolvere a ciò, e invece andiamo afferrando, come bimbi al mercato, tutto quanto ci seduce al passaggio; allora gli è lo sforzo insensato, di trasformare in una superficie la linea della nostra via; andiamo correndo a zig-zag, vagolando come fuochi fatui qua e là, e non perveniamo a nulla. O, per usare un'altra immagine, come, secondo la teoria hobbesiana del diritto, originariamente ciascuno ha un diritto sopra ciascuna cosa, ma su nessuna esclusivo; e quest'ultima si può pervenire ad avere tuttavia su talune cose, col rinunziare al proprio diritto su tutte le rimanenti, mentre gli altri fanno lo stesso per ciò che noi abbiamo scelto; così proprio accade nella vita, dove noi una qualunque aspirazione determinata, sia essa verso godimento, onore, ricchezza, scienza, arte o virtù, possiamo allora soltanto seguire con serietà e con fortuna, quando abbiam fatto getto d'ogni aspirazione estranea a quella, e rinunziato a tutto il resto. A tanto non basta né il semplice volere, né, in sé, il potere: un uomo deve anche sapere ciò che vuole, e sapere ciò che può: solo così mostrerà carattere, e riuscirà a qualcosa di buono. Prima di giungere a questa consapevolezza, egli, malgrado la natural conseguenza del carattere empirico, è nondimeno privo di carattere; e, sebbene trascinato dal suo demone debba restar fedele a se stesso e percorrer la sua via, non seguirà una linea diretta, bensì oscillante e disuguale; esiterà, devierà, tornerà sui propri passi, preparando a sé pentimento e dolore.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368