Ma il permanente aspirare, ond'è costituita l'essenza d'ogni fenomeno della volontà, ha nei gradi superiori dell'oggettivazione il suo primo e più general fondamento, pel fatto che quivi la volontà a se stessa appare come un corpo vivo, con l'obbligo ferreo di nutrirlo: e ciò che dà impero a quest'obbligo, gli è appunto l'esser codesto corpo nient'altro se non la stessa oggettivata volontà di vivere. L'uomo, come la più compiuta oggettivazione di quella volontà, è per conseguenza anche il più bisognoso di tutti gli esseri: è in tutto e per tutto un volere, un abbisognare reso concreto, è il concremento di mille bisogni. Con questi egli sta sulla terra, abbandonato a se stesso, incerto di tutto fuor che della propria penuria e delle proprie necessità: l'ansia per la conservazione di quell'esistenza, fra tante sì gravi e ogni giorno rinnovantisi esigenze, riempie di regola l'intera vita umana. Vi si collega immediatamente la seconda imperiosa brama, quella di continuare la specie. In pari tempo minacciano l'uomo da ogni parte i più svariati pericoli, per isfuggire ai quali occorre permanente vigilanza. Con cauto passo, e ansiosamente spiando intorno, va egli per la sua via, perché mille accidenti e mille nemici lo insidiano. Così camminava nelle foreste, e così cammina nella vita civilizzata: non v'ha per lui sicurezza di sorta:
Qualibus in tenebris vitae, quantisque periclisDegitur hocc'aevi, quodcunque est!
Lucr., II, 15.
La vita dei più non è che una diuturna battaglia per l'esistenza, con la certezza della sconfitta finale.
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