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      E la noia è tutt'altro che un male di poco conto: che finisce con l'imprimere vera disperazione sul volto. Essa fa sì che esseri, i quali tanto poco s'amano a vicenda, come gli uomini, tuttavia si cerchino avidamente, e diviene in tal modo il principio della socievolezza. Anche contro di essa, come contro altre universali calamità, vengono prese pubbliche precauzioni, e già per ragion di stato; perché questo male, non meno del suo estremo opposto, la fame, può spingere gli uomini alle maggiori sfrenatezze: panem et circenses vuole il popolo. Il severo sistema penitenziario di Filadelfia fa strumento di punizione la semplice noia, per mezzo di solitudine e inazione: ed è sì terribile, che già ha condotto i reclusi al suicidio. Come il bisogno è il perpetuo flagello del popolo, così è flagello la noia per le classi elevate. Nella vita borghese è rappresentata dalla domenica, come il bisogno dai sei giorni di lavoro.
      Tra il volere e il conseguire trascorre dunque intera ogni vita umana. Il desiderio è, per sua natura, dolore: il conseguimento genera tosto sazietà: la mèta era solo apparente: il possesso disperde l'attrazione: in nuova forma si ripresenta il desiderio, il dolore: altrimenti, segue monotonia, vuoto, noia, contro cui è la battaglia altrettanto tormentosa quanto contro il bisogno. Quando desiderio e appagamento si susseguono senza troppo brevi e senza troppo lunghi intervalli, n'è ridotto il soffrire, ch'entrambi producono, ai minimi termini, e se n'ha la più felice vita.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Filadelfia