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      Quel bisogno d'eccitazione della volontà si mostra soprattutto nell'invenzione e nella pratica del giocare alle carte, che benissimo esprime l'aspetto lamentevole dell'umanità.
      Ma per quanto la natura, per quanto la fortuna abbia operato; chiunque noi siamo, e qualunque cosa possediamo; il dolore ch'è essenza della vita non si lascia rimuovere:
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      (Pelides autem ejulavit, intuitus in coelum latum).
      E ancora:
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      (Jovis quidem filius eram Saturni!, verum aerumnamHabebam infinitam).
      Gl'incessanti sforzi di bandire il dolore non servono che a mutarne l'aspetto. Questo è dapprima mancanza, bisogno, ansia per la conservazione della vita. Quando sia riuscito, il che è assai difficile, lo scacciare il dolore in questa sua forma, ecco che tosto si ripresenta in mille altre, variando secondo età e circostanze, come istinto sessuale, appassionato amore, gelosia, invidia, odio, paura, ambizione, avarizia, infermità, ecc. ecc. E se finalmente non riesca a trovar via in nessun'altra forma, viene sotto la malinconica, grigia veste del tedio e della noia, contro cui si tentano rimedii variati. Quando poi si pervenga da ultimo a discacciare anche quelli, sarà difficile che accada senza riaprir con ciò la via al dolore in una delle precedenti forme, e ricominciar così il ballo da principio; imperocché tra dolore e noia viene ogni vita umana di qua e di là rimbalzata. Per disanimante che sia questa considerazione, voglio tuttavia richiamare accessoriamente l'attenzione sopra un suo lato, dal quale si può attingere conforto, o anzi addirittura trarre forse una stoica indifferenza per il proprio male.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Pelides Jovis Saturni