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      Aequam memento rebus in arduisServare mentem, non secus in bonis
      Ab insolenti temperatamLaetitia.
      Ma il più delle volte vogliamo sottrarci alla conoscenza, simile ad amara medicina, che il dolore è essenziale alla vita, e quindi non dal di fuori fluisce in noi: bensì ciascuno ne porta nel suo proprio interno l'inesauribile sorgente. Noi cerchiamo piuttosto ognora una singola causa esterna, quasi un pretesto, al dolore che mai da noi si rimuove; come l'uomo libero si forma un idolo, per avere un signore. Imperocché infaticabilmente andiamo di desiderio in desiderio, e sebbene ogni soddisfazione raggiunta, per quanto ci promettesse, tuttavia non ci appaga, anzi il più sovente non tarda a mostrarci come un mortificante errore, non vediamo, ciò malgrado, che attingiamo con la botte delle Danaidi, e invece corriamo incontro a desiderii sempre nuovi:
      Sed, dum abest quod avemus, id exsuperare videturCaetera; post aliud, quum contigit illud, avemus;
      Et sitis aequa tenet vitai semper hiantes.
      Lucr., III, 1095
      E così o continua all'infinito, oppure, il che è più raro, e presuppone già una certa forza di carattere, continua fin quando capitiamo in un desiderio, che non può essere appagato, ed a cui tuttavia non si rinunzia: allora gli è come se avessimo quel che cercavamo, cioè qualcosa che in ogni istante possiamo accusar come sorgente dei nostri mali, invece d'accusarne la nostra propria natura, e per cui noi, in dissidio col nostro destino, veniamo in compenso riconciliati con la nostra esistenza, allontanandosi di nuovo la cognizione, che a codesta esistenza sia essenziale il dolore, e impossibile un vero appagamento.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Danaidi