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      Ma il capitolo non avrebbe mai fine, e ci allontanerebbe dal punto di vista della generalità, che è essenziale alla filosofia. Inoltre una cotale analisi potrebb'esser forse tenuta per semplice declamazione sull'umana miseria, come se ne son fatte tante, e come tale accusata d'essere unilaterale, perché procederebbe da fatti singoli. Da codesto rimprovero e sospetto va perciò esente la nostra affatto fredda e filosofica dimostrazione, procedente dall'universale, e condotta a priori, dell'inevitabile dolore radicato nell'essenza della vita. La conferma a posteriori è facile averla dovunque. Ciascuno, che si sia svegliato dai primi sogni di giovinezza, e abbia osservato la propria e l'altrui esperienza, e guardato intorno nella vita, nella storia del passato e del tempo suo, come infine nelle opere dei grandi poeti, troverà per risultanza, quando un pregiudizio incancellabilmente impresso non paralizzi il suo giudizio, che quest'umano mondo è il regno del caso e dell'errore, i quali senza pietà vi imperano, nelle grandi come nelle piccole cose; e accanto a quelli agitano inoltre follia e malvagità la sferza. Di là deriva, che ogni cosa buona si faccia strada solo a fatica, e alcunché di nobile e di saggio ben raramente venga alla luce, raggiungendo efficacia o attenzione; mentre l'assurdo e lo stolto nel dominio del pensiero, il triviale e lo scipito nel dominio dell'arte, il malvagio e l'insidioso nel dominio delle azioni, soli tengono il campo, appena turbati da brevi interruzioni.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368