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      Infedeltà e tradimento spezzano quest'ultimo vincolo esterno, e aprono con ciò alle conseguenze dell'egoismo un campo senza confini.
      Nella concatenazione del nostro pensiero abbiamo trovato il contenuto del concetto d'ingiustizia nella particolar natura dell'azione, con cui un individuo tanto allarga l'affermazione della volontà manifestantesi nel suo corpo, da farne la negazione della volontà manifestantesi nei corpi altrui. Abbiamo anche mostrato con esempi affatto generici i limiti ove ha principio il dominio dell'ingiusto, determinandone insieme le gradazioni, dalle massime alle minime, con pochi concetti fondamentali. Da ciò risulta, che originario e positivo è il concetto dell'ingiusto: mentre l'opposto concetto del giusto è derivato, negativo. Imperocché non alle parole dobbiamo tenerci, ma ai concetti. In verità, non si sarebbe mai fatta parola del giusto, se non vi fosse l'ingiusto. Il concetto di giustizia contiene semplicemente la negazione dell'ingiustizia, e in esso viene compresa ogni azione, che non sia trasgressione del confine su esposto, ossia negazione dell'altrui volontà per maggiore affermazione della propria. Quel confine partisce adunque, rispetto a una determinazione puramente e semplicemente morale, l'intero campo delle azioni possibili in azioni ingiuste o giuste. Un'azione che non vada a ficcarsi, al modo spiegato più sopra, nella sfera dell'affermazione della volontà altrui, tale affermazione negando, non è ingiusta. Perciò il negare aiuto in caso di stringente necessità altrui, l'indifferente contemplar chi muore di fame, mentre noi stiamo nell'abbondanza, è bensì crudele e perverso, ma non è un far torto: soltanto si può dir con tutta certezza, che colui il quale è capace di spingere a tal punto la sua insensibilità e durezza, sicuramente saprà compiere anche ogni ingiustizia, non appena le sue voglie lo chiedano e nessuna costrizione l'impedisca.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368