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      Ma nell'esperienza esteriore, come accidente, si presenta il fatto dell'ingiustizia patita: e vi si manifesta più limpido che altrove, come già fu detto, il fenomeno dell'opposizione della volontà di vivere contro se stessa, risultante dalla pluralità degli individui e dall'egoismo; l'una e l'altro determinati dal principio individuationis, che è la forma del mondo quale rappresentazione per la conoscenza individuale. Abbiamo anche visto più sopra, che un'assai gran parte del dolore inerente all'umana vita ha in quel contrasto degl'individui la sua perenne sorgente.
      Ma la ragione, a tutti codesti individui comune, la quale fa sì ch'essi non conoscano, come gli animali, soltanto il caso singolo, ma anche la connessione dell'insieme, in astratto, ha presto insegnato loro a conoscer la sorgente di quel male, e li ha richiamati a considerare i mezzi di farlo minore, o, quando fosse possibile, di sopprimerlo, mediante un sacrificio comune, che tuttavia vien vantaggiosamente compensato dal profitto che a tutti ne deriva. Per quanto gradevole sia invero all'egoismo individuale, capitandone il caso, il commettere un'ingiustizia, tale atto ha nondimeno un correlato necessario nel patir che altri fa l'ingiustizia medesima, avendone un grande dolore. E quando la ragione, considerando genericamente, si innalzò sul punto di vista unilaterale dell'individuo a cui appartiene, sciogliendosi per un istante dal vincolo che a lui la lega, vide che il godimento, provato da ciascuno individuo per l'atto ingiusto commesso, è superato ognora da un dolore relativamente più grande, che prova chi quell'atto subisce.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368