Perciò diceva già Aristotele (De Rep., III): ????? ??? ??? ?????? ?? ?? ????? ????? ?? ????? ?? ????? ?????????? ??? ????? (Finis civitatis est bene vivere, hoc autem est beate et pulchre vivere). Anche Hobbes ha giustissimamente e in modo eccellente esposto quest'origine e finalità dello Stato, quali vengono d'altronde espresse dall'antico principio di tutti i gli ordinamenti statali, salus publica suprema lex esto. Se lo Stato raggiungesse appieno il suo fine, produrrebbe lo stesso effetto come se universalmente regnasse perfetta giustizia d'intenzioni. Ma l'intima essenza, l'origine di codeste due condizioni di cose sarebbero l'una l'opposto dell'altra. Imperocché nel secondo caso s'avrebbe, che nessuno voglia compiere ingiustizia; nel primo, invece, che nessuno voglia patire ingiustizia; e a tal fine sarebbero appieno adoprati i mezzi opportuni. Così può la medesima linea venir tracciata da opposte direzioni, e un animale da preda con la museruola è innocuo come un erbivoro. Ma più in là di questo punto lo Stato non può andare: non può quindi mostrarci un aspetto pari a quello, che risulterebbe da generale, reciproca benevolenza ed amore. Poiché, come abbiamo or ora notato che esso, per propria natura, non vieterebbe un atto ingiusto, dal quale non risultasse dall'altra parte alcun patimento d'ingiustizia, ed ogni ingiustizia vieta sol perché tale condizione sarebbe impossibile; così viceversa assai volentieri farebbe sì, conformemente alla propria tendenza rivolta al benessere generale, che ciascuno ricevesse benevolenza e ogni maniera d'atti d'amor del prossimo; se nondimeno anche questi atti ricevuti non avessero un correlato inevitabile nella prestazione di benefizi e di opere altruistiche.
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