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      Nequit tenere; nec legendis Juppiter
      Et puniendis par est. Est tamen ultio,
      Et, intuemur, illa nos habitat prope).
      Ora, che una tal divina giustizia veramente esista nell'essenza del mondo, risulterà presto luminosamente appieno, da tutto il nostro pensiero finora svolto, a chi lo abbia afferrato.
      Il fenomeno, l'oggettità dell'unica volontà di vivere è il mondo, in tutta la molteplicità delle sue parti e figure. L'essere, e il modo dell'essere, nel tutto come in ciascuna parte, è costituito solo dalla volontà. Essa è libera, essa è onnipotente. In ogni cosa appare la volontà, quale essa medesima in sé e fuori del tempo si determina. Il mondo non è che lo specchio di questo volere; ed ogni limitazione, ogni male, ogni tormento, che il mondo contiene, appartengono all'espressione di ciò che la volontà vuole: sono quali sono, perché essa così vuole. È rigorosa giustizia, quindi, che ogni creatura sopporti l'essere in genere, e quindi l'essere della sua specie e della sua particolare individualità, interamente com'essa è, e in condizioni quali esse sono, in un mondo quale esso è, governato dal caso e dall'errore, temporaneo, effimero, ognora sofferente: e qualunque sorte le tocchi, qualunque le possa toccare, sarà sempre giustizia. La responsabilità dell'essere e della costituzione del mondo può essa solamente, e nessun altro, portare: poiché come potrebbe un altro assumerla per sé? Se si vuol vedere ciò che gli uomini, moralmente considerati, sono in tutto e per tutto, si consideri in tutto e per tutto il loro destino.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Juppiter