iderar come propri tutti i dolori del mondo, anzi tutti i dolori possibili avere come reali per sé, fin quando egli è deliberata volontà di vivere, ossia afferma con ogni forza la vita. Per la conoscenza, che vede più lontano del principii individuationis, una vita temporale felice, donata dal caso, o a lui strappata con saggezza, fra dolori innumerevoli altrui, è nient'altro che il sogno d'un mendico, in cui questi si vegga re, ma per apprendere al risveglio, che solo una fuggitiva illusione l'aveva separato dai dolori della sua vita.
Allo sguardo circoscritto nella conoscenza che segue il principio di ragione, nel principio individuationis, si sottrae l'eterna giustizia: quello non ha punto cognizione di lei, a men che non la consegua mediante finzioni. Vede il malvagio, che ha commesso misfatti e crudeltà d'ogni maniera, vivere nei piaceri e uscirsene indisturbato dal mondo. Vede l'oppresso trascinare una vita piena fino all'ultimo di dolori, senza che si mostri un vendicatore, un compensatore. Ma l'eterna giustizia sarà compresa sol da colui, che si eleva su quella conoscenza procedente sulla traccia del principio di ragione e legata ai singoli oggetti: da colui, che conosce le idee, penetra con l'occhio oltre il principium individuationis, e comprende che alla cosa in sé non toccano le forme del fenomeno. Questi solamente, in grazia della stessa conoscenza, può comprendere la vera essenza della virtù, secondo ci verrà presto chiarito in rapporto con la presente trattazione; sebbene per la pratica della virtù non sia punto domandata codesta conoscenza in abstracto.
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