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      Mi sembra che lo sdegno, il quale spinge un siffatto uomo sì lungi oltre i confini d'ogni egoismo, balzi dalla più profonda con scienza, che esso sia la volontà stessa di vivere, la quale in tutti gli esseri, in tutti i tempi si rivela; che ad esso il più lontano avvenire appartenga in egual maniera che il presente, e non possa essere indifferente. Affermando questa volontà, pretende che nello spettacolo, in cui è rappresentata l'essenza di lei, non riapparisca una così mostruosa iniquità, e vuole, con l'esempio d'una vendetta contro la quale non esiste difesa, che il timor della morte non trattiene il vendicatore, sbigottire ogni malfattore futuro. La volontà di vivere, pure affermandosi ancora, non si lega qui più al singolo fenomeno, all'individuo, bensì abbraccia l'idea dell'uomo e vuol conservarne il fenomeno puro da codesta mostruosa, rivoltante iniquità. È un raro, significante, anzi elevatissimo tratto di carattere, mediante il quale il singolo si sacrifica, aspirando a farsi braccio dell'eterna giustizia, di cui ancora disconosce la vera essenza.
      § 65.
      Con tutte le considerazioni fatte finora sulle azioni umane abbiamo preparata l'ultima, e molto alleviato il compito che ci rimane: elevare a chiarezza filosofia e concatenare nel nostro sistema il vero significato etico dell'azione, che nella vita si indica con le parole buono e cattivo, con le quali ci s'intende perfettamente.
      Ma voglio dapprima ricondurre al lor senso verace quei concetti di buono e cattivo, che dagli scrittori filosofici dei nostri giorni vengono trattati, cosa singolarissima, come concetti semplici, e quindi non atti ad analisi alcuna.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368