Questo farò, affinchè non s'abbia per avventura a restare nella nebbiosa illusione, ch'essi contengano più di quanto contengono in effetti, e già esprimano in sé e per sé quanto occorre al nostro argomento. E posso farlo, perché io stesso son così lontano dal cercarmi nell'etica un riparo dietro la parola buono, quanto lontano fui dal cercarlo finora dietro le parole bello e vero; per poi far credere mediante l'appiccicamento di un – tà – che oggi si pretende ch'abbia una speciale ???????? e quindi in molti casi può servire, e mediante un'aria solenne, d'aver con la formulazione di codeste tre parole fatto più che indicar tre concetti assai ampi ed astratti, e quindi punto ricchi di contenuto, i quali hanno ben diversa origine e diverso valore. A quale uomo invero, cui sian noti gli scritti dei dì nostri, non son venute finalmente a nausea quelle tre parole, per quanto riferentisi in origine a sì nobili cose, allor ch'egli ha dovuto mille volte vedere, come i più inetti all'esercizio del pensare credano che basti averle emesse, a bocca spalancata e con l'aria d'una pecora inspirata, per aver rivelato una solenne saggezza?
L'esplicazione del concetto di vero è già data nello scritto sul principio di ragione, cap. 5, §§ 29 sgg. Il contenuto del concetto di bello ha per la prima volta trovato la sua giusta illustrazione in tutto il nostro terzo libro. Ora ricondurremo al suo significato il concetto di buono, cosa che può farsi con molto poco. Questo concetto è essenzialmente relativo, e indica la conformità di un oggetto con una qualsivoglia determinata aspirazione della volontà. Quindi tutto ciò che conviene alla volontà in qualunque delle sue manifestazioni, e soddisfa la sua mira, vien pensato sotto il concetto di buono, per quanta varietà vi possa essere nel rimanente.
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