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      Perciò noi diciamo buon cibo, buone strade, tempo buono, buone armi, buon presagio, etc.: in breve, chiamiamo buono tutto ciò che è come noi vogliamo che sia; quindi per l'uno può esser buono ciò che per l'altro è addirittura l'opposto. Il concetto di buono si suddivide in due sottospecie: quella cioè della soddisfazione immediata e quella della mediata, vale a dire la soddisfazione della volontà nel futuro: e sono il piacevole e l'utile. Il concetto opposto viene espresso con la parola cattivo, e più raramente e astrattamente con la parola male, che indica così tutto quanto non si confaccia a ciascuna aspirazione della volontà. Come tutti gli altri esseri, che posson venire in relazione con la volontà, si son poi detti buoni anche uomini, ai desiderati fini favorevoli, servizievoli, amicamente disposti, benefici; buoni adunque nel medesimo senso, e sempre con la riserva della relatività di codesto senso, quale si mostra per esempio nella frase: «Costui è buono verso di me, e non verso di te». Coloro invece, il cui carattere comportava di non porre ostacolo in genere alle altrui aspirazioni, e costantemente erano servizievoli, benevoli, amichevoli, benefici, furon chiamati uomini buoni per cotale relazione della loro condotta con la volontà degli altri. Il concetto opposto s'indica in tedesco, e da forse cent'anni anche in francese, riferendosi ad esseri conoscenti (animali e uomini) con parola diversa da quella usata per gli esseri privi di conoscenza – ossia la parola böse (malvagio), méchant, mentre in quasi tutte le altre lingue codesto divario non esiste, e ?????, malus, cattivo, bad vengono usati sì per gli uomini sì per le cose inanimate, quando si oppongano ai fini di una determinata, individuale volontà. Partita adunque in tutto e per tutto dal lato passivo del buono, l'indagine poteva solo più tardi volgersi all'attivo, e studiar la condotta dell'uomo chiamato buono non più in rapporto ad altri, bensì a lui medesimo, proponendosi in particolar modo la spiegazione sì della stima puramente obiettiva, che quella condotta visibilmente produceva in altri, sì della singolar contentezza di sé prodotta in lui stesso; come, al contrario, dell'intimo dolore, che accompagna la cattiva intenzione, per quanti vantaggi esteriori produca a chi la nutre.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368