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      Che per la vera e propria essenza intima della virtù il concetto è infruttifero, come per l'arte, e solo in maniera affatto subordinata può render servigio nell'esecuzione e conservazione di quanto s'è per altra via conosciuto e deciso. Velle non discitur. Sulla virtù, ossia sulla bontà dell'animo, non hanno i dogmi astratti in realtà effetto alcuno: non la turbano i falsi, e difficilmente la favoriscono i veri. E sarebbe d'altronde gran male, se la cosa più importante dell'umana vita, il suo valore etico, da valere per l'eternità, dipendesse da elementi, il cui acquisto è tanto soggetto al caso, come sono dogmi, religiosi, filosofemi. I dogmi hanno per la moralità questo semplice valore, che in essi chi è già virtuoso in virtù d'una diversa conoscenza la quale spiegheremo, trova uno schema, un formulario, secondo il quale rende conto, conto il più delle volte immaginario, alla propria ragione degli atti non egoistici da lui compiuti, dei quali la ragione, ossia egli medesimo, non comprende l'essenza. E di tal conto egli ha abituato la ragione a contentarsi.
      Forte influenza possono bensì avere i dogmi sulla condotta, sull'agire esterno; così pure l'abitudine e l'esempio (quest'ultimo, perché l'uomo comune non fida nel giudizio proprio, di cui conosce la fiacchezza, bensì segue soltanto la propria o l'altrui esperienza); ma con ciò non è mutato l'animo56. Ogni conoscenza astratta non da che motivi: i motivi tuttavia possono, com'è mostrato più sopra, cambiar solamente l'indirizzo della volontà, e non la volontà medesima.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368