L'egoista si sente circondato da fenomeni estranei ed ostili, ed ogni sua speranza poggia sul bene proprio. Il buono vive in un mondo di fenomeni amici: il bene d'ognuno di questi è il suo bene. Quindi, se pur la cognizione dell'umano destino universale non può far lieto il suo animo, nondimeno il saldo riconoscer l'essenza propria in tutto ciò che vive gli dà un certo equilibrio, e perfino serenità d'animo. Perché l'interesse diffuso su innumerevoli fenomeni non può angustiare come l'interesse concentrato sopra uno solo. I casi accidentali ond'è colta l'universalità degli individui si compensano, mentre quelli occorrenti a un individuo isolato apportano felicità o sventura.
Se altri, adunque, potè stabilire principi morali, gabellandoli come regole di virtù, e leggi da seguirsi per obbligo, non posso invece io, come ho detto, fornirne di altrettali: perché all'eternamente libera volontà non ho da prescrivere dovere né legge. Invece, nell'organismo del mio sistema ciò che in certo modo corrisponde analogicamente a quel proposito è la verità, puramente teoretica, di cui è semplice sviluppo il complesso di questa mia esposizione. Ossia, che la volontà è l'in-sé d'ogni fenomeno, e quindi, come tale, sciolta dalle forme fenomeniche e dalla pluralità; la qual verità io, riguardo alla condotta, non so esprimere più degnamente che con la citata formula del Veda: «Tat tvam asi!» («questo sei tu!»). Chi sa ripeterla a se stesso con limpida cognizione e ferma, intima persuasione innanzi a ciascun essere con cui venga in contatto, è certo con essa di conseguire ogni virtù e beatitudine, e si trova sulla via diritta che conduce alla redenzione.
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Veda
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