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      Bensì di questo io non mi sento colpevole; perché la parte, che in ciò potrebbe costituire il peccato, non ha che fare con l'animo mio, il quale è tagliato a misura di quelli che bramano con vemenza abbandonare la sordida veste dell'ignoranza; che se poi la sorte mi ha determinato ad un'arte, che ha per proprio la mutolezza e l'obbligo solo di ragionare con gli atteggiamenti e farsi udire da gli occhi, non so come ripararci. Certamente me ne dolgo, e s'attrista la mia anima di un tale impedimento, ma confessandolo spero che farà per impegnare questa mia libera confessione la sua molta umanità al compatimento; perciocché osservandomi non per genio, che n'abbia, ma per distrazioni, che a milioni mi circondano, imperito e poco coltivato nelle belle e buone discipline, non isdegnerà di porgermi altro e più chiaro lume, per dissipare in parte la caligine della mia mente. Spero così, giaché per natural sua benignità, non prevenuta da altre preghiere, si è compiaciuta porgermi la sua man destra, assicurandomi del suo buon desiderio e dell'ansia, ch'ella naturalmente ha, di sollevare gl'indotti a qualche diritta strada, che al vero intendimento degli arcani più occulti conduce.
      Veggo, però, che questo concetto di belle speranze si potrebbe intorbidare, anzi annichilare, con la privazione del supposto; e fondo questo mio dubbio con maggior timore, allora, che vado filosofando della vera cagione che l'abbia potuta indurre all'offerta graziosa del suo affetto, ed all'espressioni, con le quali si protesta inclinata ad amarmi.


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La vana speculazione disingannata dal senso
di Agostino Scilla
pagine 122