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      Potrei qui addurre, in testimonianza di ciò che dico, i filosofi stessi e tutti, ed esaminare la varietà e discordanza de' loro capricci, ma me ne astengo, perché sarebbe pazzia, ben avvertito da Quintiliano: "In rebus apertis argumentari tam sit stultum, quam in clarissimum Solem mortale lumen inferre".
      Mi conosco spesso spesso cotanto intricato, che mi disanimo a segno tale che fo i miei conti e determino di crederne a tutti con la medesima rata; e rendo grazie alla sorte che mi disobbligò di vivere in tanti ingarbugli, costituendomi professore in un'arte soggetta non a tutti ma ad un sol senso.
      Troppo invero sarei affannato se dovessi coltivare le lettere: perciocché co' Peripatetici sarei costretto a lusingarmi di sapere tutte le cose; e pure non sarebbe vero. Col gran Democrito direi più ragionevolmente qualche cosa per mezzo di quel suo gentilissimo lavorio degli atomi; ma con quale sicurezza? Egli confessa: "Causa quidem nihil novimus, nam Veritas in profundo est". Col pulito Platone non si praticherebbe la faccenda se non che sotto un'eterna ed indeterminata disputa; ma perché far tante parole? Non saprò, se io posso camminare e se ho moto, se darò orecchie a Zenone; e con gli altri peggio: e per ultimo, con una bella chitarriglia spagnola sarei costretto a cantar con Euripide: "Quis novit, an vivere hoc, sit mori; an emori hoc sit, quod vocamus vivere?". Egli è certo, che se mi fosse proibita l'osservazione e l'anatomia delle cose che veggiamo e maneggiamo; e fosse d'uopo secondar gli umori malinconici di coloro che si cavano gli occhi per darsi totalmente alla speculativa in astratto, confesserei la disperazione, e confusione dell'animo mio, e farei assolutamente l'appassionato del mio comprofessore Pirrone, ed ostinatamente affermarei con Empedocle: "Abstrusa esse omnia, nihil nos sentire, nihil cernere, nihil, quale sit, posse reperire". Ma così non avverrà: perciocché nella considerazione de' corpi naturali (ne' quali è possibile rinvenir qualche vestigio di verità) non vi sarà bisogno ricorrere alle caliginose astrazioni de' Metafisici.


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La vana speculazione disingannata dal senso
di Agostino Scilla
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