Passò oltre la mia curiosità, e cercando in alcuno de' miei libri che potessere di ciò discorrere, vennemi in acconcio di leggere Pietro Gio Fabbri, e presi diletto non ordinario di quanto egli scrive, particolarmente dell'acque maravigliose d'un Borgo di Chiaramonte in Alvernia. Ammirai come pacificamente l'origine d'ogni sasso determina e come con una brieve ricetta colorisce ed indurisce diversamente qualunque masso di pietra, alterando una poca dose di sale di zolfo o di mercurio. Ella meglio di me l'averà osservato, ch'io confesso di non aver saputo leggere un sì bravo Autore. A dire però il vero con libertà, non so come possa acquetarmi co' Chimici, i quali sogliono supporre molti principij e vogliono che si creda loro graziosamente, ancorché dell'imbecillità del sapere umano e della difficultà delle cose dubitar non si debba. Il caso portò tra tanto, che discorrendo con alquanti amici della varietà delle opinioni che intorno a ciò s'agitano, mi fu affermato essere al dì d'oggi spalleggiata da bravi huomini l'opinione della vegetabilità delle pietre e della produzione di varij corpi, simili a quei del mare, di puro sasso nelle rocche.
Ma ricordandomi che Strabone, e gli altri filosofi dallo stesso nominati, si diedero a filosofare del come poté il mare deporre in qualche tempo quei riscontri della sua terribilissima peregrinazione, e tanto fra terra; non già se le conchiglie e simili altri corpi fossero spoglie d'animali marini overo pietre assolutamente configurate, prodotte dalla Natura nelle campagne e ne' monti, quasi che fosse per loro da non litigare, essendo manifestissimo al senso; risolsi di credere e difendere quel che l'occhio insegnato m'aveva.
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