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      Dalla loro discordia imparai almeno la necessità di dubitare de' loro capricci; e così risolsi coltivare nell'animo mio l'ignoranza di prima e di non farci altro. Ciò tanto con maggior quiete quanto ch'era ben certo che l'erudito Guilandino(13), portato in una Epistola, che va in istampa, come partigiano dell'opinione che non mi piacea, o prova malamente il suo argomento overo intese il contrario di quella di chi se ne valse. Conciosiaché si conoscerà a favor mio anzi per tutti infruttuosa la sua autorità; e se gli altri che difendono l'istesso, miglior modo non hanno di provarlo, si perde il tempo nel leggerli. Egli principalmente(14) si fatica a mostrare che nelle viscere della terra, e quasi in luoghi ove pare che non giungano gli aliti della respirazione, possano nascere e generarsi animali: ed in prova di ciò ha stimato che basti l'addurre qualche storia. Ma non so perché si è valsuto delle parole d'Alessandro e di Plutarco, che l'uno e l'altro è lontanissimo da un tal senso. Scrive Alessandro: "In memoria mihi est lapidem duri marmoris, non unius coloris vidisse in montibus Calabris" ei si maraviglia "longo a mari recessu, in quo multiplices conchas maris" si noti "congestas, et simul concretas cum ipso marmore in unum corpus coaluisse videres: quas quidem osseas, non lapideas esse, et quales in littoralibus vadis inspicimus, facile erat cernere". Parla di corpi forestieri impastati e conglutinati nel sasso, non com'egli desidera generati nel marmo. Ed il gran Plutarco, dalla veduta d'altri corpi simili ne' campi dell'Egitto osservati, argomenta, come poco sopra si è detto: "Aegyptum olim mare fuisse". Che non vuol dire quel che pretende il Guilandino favorisce sì bene la mia causa.


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La vana speculazione disingannata dal senso
di Agostino Scilla
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