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      Grandissime difficultà invero, ma non tali però che possano conculcare l'infinite evidenze e la ragione di chi tiene il contrario, com'ella pur conoscerà, se spassionatamente vorrà darmi un'orecchio dal discorso che ho fatto tra me stesso; perciocché quest'ultima obbiezione terminerà a favor mio e la prima non ci obbligherà più che tanto.
      Sbrighiamoci dunque della seconda per fermarci un poco più seriamente nella considerazione della prima. Mi pare, che il merito di una tal conghiettura starà in vigore fino a tanto che gli si tolga di sotto una vana e non mai conceduta supposizione che mostra di sostentarlo. Se attentamente considereremo gli oggetti che sono in disputa, ci accorgeremo (per quel che tocca alle Glossopietre) che i denti delle Lamie, Canicole e simili sono di figura acuta, consistenti molto, levigatissimi ed abili per tutto ciò a sfuggire il contatto d'altro corpo, che offendere ed intaccarli potesse. Secondariamente, io non li suppongo e non li considero lungo tempo rotolati flemmaticamente dal mare nelle riviere, ma dalla violenza degli urti d'un Oceano, gonfio dall'ira divina, sbalzati, e da gran volvoli dell'acque fermati e raccolti, e secondoché portò il caso in gran numero insieme con gli animali, o loro scheletri rimasti molto fra terra con ogn'altra immondizia incontrata dall'impeto medesimo. In tal caso con più ragione una gran parte di rotti, che grandissima quantità di frusti, desiderar si dovrebbe; che pur resterebbe appagata la dimanda, perché appoggiata al giusto; essendo pur vero, che breve è il numero delle Glossopietre intere e ben conservate, a rimpetto delle rotte e smembrate che dalle miniere si cavano.


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La vana speculazione disingannata dal senso
di Agostino Scilla
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