Essa valse anche a polarizzare la scienza sicchè non solo varii poeti, ma perfino Cicerone non si peritò a tradurla in versi nella lingua del Lazio. La descrizione di Ipparco ci venne fortunatamente conservata da Tolomeo sotto il titolo di Catalogo.
Ma di tavole o descrizioni figurate, o di globi non abbiamo di loro che poche cose e più da ornamento che altro, non eccettuato il planisfero di Dendera e lo zodiaco di Esnè: poichè anche questi sono lavori assai grossolani. Gli Arabi e i Cinesi se ne occuparono, ma i loro lavori sono lungi dall’avere una qualsiasi importanza scientifica. È quindi necessario venire ai primi astronomi della rinascenza.
Il primo a far carte celesti con sufficiente precisione segnandole come si disse con le lettere dell’alfabeto fu Bayer; appresso vennero i lavori ben molto superiori di Evelio. Poi quelli di Flamsteed e di Cary. Questi soli può dirsi servirono al pubblico, benchè qualche globo monumentale si trovasse sepolto in qualche biblioteca. Tra gli atlanti celesti il primo posto devesi all’Atlante di Bode[9], grandioso e bel lavoro fatto in gran foglio con figure di gusto artistico squisito, ma in cui la eccellenza delle figure ombrate nuoce un poco alla distinzione delle stelle minori. Per i lavori di minor lusso, e più economici, riguardanti l’Emisfero Boreale e per tutto quello che si vede dall’Europa media, sono molto stimati l’Uranometria di Argelander, e l’Atlante di Heis. In questi due ultimi le stelle visibili ad occhio nudo sono diligentemente classificate secondo la loro grandezza e formano una vera uranometria, cioè misura precisa delle loro grandezze.
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Le stelle
Saggio di astronomia siderale
di Angelo Secchi
Editore Dumolard Milano 1877
pagine 362 |
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