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      Sia dunque che i moti siano veri e proprii delle stelle, sia che essi dipendano meramente dal moto dell’osservatore secondo il principio delle probabilità, si rileva da questo solo dato che le stelle più grandi devono essere più vicine, attesochè lo spazio lineare percorso da un corpo qualunque (ceteris paribus) deve apparire tanto più grande quanto esso è più vicino. Ma per decidere se il moto sia dovuto all’una o all’altra causa è mestieri studiare più addentro e per altra via il problema e cercare 1.° quale altro criterio si possa avere per conoscere la distanza relativa delle stelle: 2.° vedere quali movimenti sistematici nelle apparenze deve introdurre la considerazione di un moto proprio dell’osservatore. Di questi due punti ci occuperemo nei prossimi articoli, qui faremo soltanto una digressione indispensabile sul modo di valutare se sia possibile il moto assoluto delle stelle anche nella direzione del raggio visuale, poichè i moti proprii rilevati cogli ordinari strumenti astronomici non danno che la componente angolare del movimento perpendicolare al raggio suddetto, e nessun indizio ci mostrano del moto longitudinale secondo il raggio medesimo, nè della loro velocità lineare.
     
      § II.
     
      Come lo spettroscopio possa far rilevare i movimenti stellari.
     
      È opinione di molti valenti spettroscopisti che le misure spettrali ci possano dare un mezzo delicatissimo da conoscere anche i moti assoluti nella direzione del raggio visuale. Essendo questo un punto assai delicato, crediamo necessario esporre la cosa con tutta imparzialità. Ecco brevemente il come.


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Le stelle
Saggio di astronomia siderale
di Angelo Secchi
Editore Dumolard Milano
1877 pagine 362