Naturalmente io non posso esporre tutto il contenuto dell'opera, ma prendo qualche parte importante, come questa, nella quale il Rosa riconosce che vi è un problema intorno alla costanza (io direi persistenza) dei caratteri dei gruppi animali; e nel tempo stesso avverte che le teorie correnti non dànno alcuna spiegazione; il che è esatto. Egli crede di trovarle nella sua teoria che chiama legge, proposta da alcuni anni, della riduzione progressiva della prospettiva filogenetica. Tale legge, secondo lui, varrebbe per tutti i gruppi tassonomici, ordini, famiglie, generi, specie. Sostanzialmente si ammette la persistenza delle forme, ma come un effetto di una diminuzione, della tendenza a mutare; la qualcosa, mi permetta l'Autore, non mi sembra vera, perchè non è soltanto il Limulus o il Nautilus, che non mutano più, perchè sarebbero specie apicali, secondo lui, mentre sono semplicemente residui; ma tutti i gruppi animali non hanno mutato fin dal loro apparire: oh! che le meduse non sono sempre meduse fin dal cambriano, i brachiopodi non sono sempre brachiopodi? Hanno mutato, è vero, le specie, ma il gruppo è sempre quello di brachiopodi, così che nessuno chiamerebbe diversamente quelli cambriani e i viventi.
Egli crede che questo suo concetto disorienti alcuni, cioè quello della costanza dei caratteri dei gruppi; e la colpa, afferma, sarebbe della nomenclatura, perchè «È un fatto che chiamare specie la forma che fu, poniamo, stipite di tutti i vertebrati, e chiamare ugualmente specie l'uomo, il quale tutti sentiamo che non potrà più dare origine che ad uomini, dare lo stesso nome a due cose di prospettiva filogenetica così enormemente sproporzionata, non è molto giudizioso». Secondo Rosa, dunque, vi sarebbe stata una specie, da cui sarebbero derivati tutti i vertebrati, nessuno escluso, anche l'uomo con quelli, e dopo ogni specie derivata non potrebbe che produrre forme polimorfiche e sempre costantemente del tipo.
| |
Rosa Autore Limulus Nautilus Rosa
|