I più recenti pesci, fra cui pertiche, merluzzi, aringhe, che rappresentano circa il 99 per cento della fauna nei mari odierni, non erano ancora apparsi nel devoniano; altri, come gli storioni, sono quasi estinti, mentre erano circa una quarta parte nell'epoca devoniana; i Selaci, che ora rappresentano una piccola parte dei pesci viventi, erano un terzo di quelli devoniani; Ostracodermi e Arthrodira, i primi apparsi nell'ordoviciano, erano circa 40 per cento nel devoniano, dove perirono.
Gli evoluzionisti ammettono questa successione come un effetto di evoluzione, e basti vedere gli alberi genealogici per convincersi; e non v'è nessuno che non accetti. Ma il problema è nell'origine dei pesci che sono i primi e più antichi vertebrati: il ponte che si vuol costruire per il passaggio degli invertebrati, non è ancora che un progetto ipotetico.
Schuchert scrive: «Malgrado il fatto che i pesci hanno scheletro osseo e che sono conosciuti dall'ordoviciano, i loro primitivi progenitori non sono ancora scoperti. Gli zoologi non sono riusciti a determinare questa discendenza neppure fra le vaste orde di forme viventi e loro embrioni, nè i paleontologi, d'altra parte, finora hanno trovato i «missing-links» fra gl'invertebrati e i pesci. I più antichi fossili vertebrati sono indubbiamente pesci con caratteri simili ad Elasmobranchi, e mentre i paleontologi possono ancora trovare vertebrati di tipo inferiore, sembra che le condizioni naturali siano contrarie a questa possibilità, perchè i più primitivi vertebrati devono essere stati non soltanto piccoli, ma anche senza parti dure». Non pertanto egli, come altri, ricorda tre ipotesi, o che i progenitori siano da ricercare nei vermi, Nemertini; o fra i tunicati, Ascidie, o nel famoso Amphioxus lanceolatus; su questo gli studi sono stati numerosissimi fra le grandi speranze che han destato alla soluzione del problema.
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