Tutti volevano vedere Pascariello, il quale era tenuto chiuso in casa da la zia monaca, e quando usciva balordo sul balcone, tutti gli scoccavano baci e benedizioni, ed ci mangiava ciriege e gettava giù i noccioli, e la gente si accapigliavano per raccoglierli e di sotto spiegavano i fazzoletti. I venditori di frutte, di pesce, e di altri cibi, presentavano la cesta al monello, gliene facevano prendere quanto voleva, e poi gridavano: “Il pesce benedetto da Pascariello, i frutti benedetti da Pascariello!” e tutti comperavano e mangiavano santamente. Il ragazzo stupido non sapeva dove si fosse: e lo avrebbero fatto in minuzzoli per prendersene ciascuno un pezzetto come reliquia: onde l’intendente della provincia, marchese di Sant’Agapito, se lo menò a casa sua e lo fece custodire.
Intanto il governo, per vergogna o per sospetto di tanta gente riunita, pose guardie sul luogo; e la Madonna, come ogni altra persona, ubbidì alle guardie, non fece più miracoli: la folla sparì, e a poco a poco fu dimenticata la cosa. Ma le ricchezze raccolte furono tante, che, sazio il parroco e gli altri che tenevano il sacco, del rimanente fu edificata una chiesa nella quale ancora si vede la madonna di Pascariello, e presso la chiesa un bel monastero dove oggi sono raccolte ed educate le fanciulle povere. Pascariello di Caserta fece un’ottima riuscita: fu messo nell’albergo dei poveri in Napoli, dove diventato giovanetto diede una coltellata ad uno, e fu condannato a la relegazione nell’isola di Ponza: quivi l’ebbe egli una coltellata da un altro, e così volò in paradiso.
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