I tre fratelli Capozzoli, possidenti in Bosco, terricciuola in provincia di Salerno, perseguitati come carbonari, si erano tenuti per sei anni in campagna, difendendosi da bravi, e acquistando fama di gran valore. I liberali di quella provincia e delle vicine, udito un cangiamento di ministero avvenuto in Francia in quell’anno 1828, e fondatavi non so quale speranza, credettero tempo opportuno a fare un movimento, e strumenti opportuni i Capozzoli. Prima in Bosco, poi in altri paeselli vicini fu gridato “Costituzione,” e, come se la fosse ottenuta e assicurata, fu cantato il solito Te Deum; ma il movimento non si sparse perché le popolazioni non vedevano di buon occhio i Capozzoli, i quali avevano fatto di quelle cose che suol fare chi tiene le armi in mano per tanto tanto tempo; e perché eran pochi, e senza accordi buoni. Tosto re Francesco mandò a furia con ordini severissimi il brigadiere Del Carretto a capo di alcune centinaia di gendarmi. Costui distrusse a colpi di cannone il villaggio di Bosco già deserto d’abitanti; ed incarcerati quanti gli capitavano rei o sospetti, li fe’ giudicare da una commissione militare da lui stesso nominata, la quale ne condannò a morte ventidue, e una sessantina a la galera: ottanta ne furono carcerati in Napoli come complici, e sette condannati nel capo. Per questo servigio il Del Carretto ebbe titolo di marchese, grado di maresciallo, e fu tenuto in petto per cose maggiori. La parte liberale rimase sbigottita: e noi altri giovani ricordavamo con malinconia i nomi di quei poveri martiri, e specialmente del canonico De Luca, vecchio di ottant’anni, già deputato al Parlamento del 1820, prima sconsacrato dal vescovo di Salerno, poi decapitato.
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