Ripetevamo le parole che il vecchio disse prima di morire: “Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor”; e dicevamo: “chi sa se potremo vendicarlo!” Ma tosto gli spiriti si sollevarono per il giudizio politico di Nicola de Matteis, che fece gran rumore in Europa.
Era questo de Matteis l’occhio del principe di Canosa, il quale te lo messe nel 1823 intendente in Cosenza: e quando il Canosa cadde dal ministero e fu mandato in esilio, costui rimase addosso ai calabresi, e sperando diventare ministro commise atti ferocissimi per acquistar merito e farsi tenere necessario e fedele. I calabresi per verità gliene diedero l’occasione; i quali benché allora vedessero gli austriaci occupare il regno, pure vagheggiavano alcune speranze, e confidavano in alcuni esuli, specialmente in Raffaele Poerio, il quale scriveva stessero pronti, che egli sbarcherebbe e farebbero la rivoluzione.
Le lettere erano portate attorno, si cercava di rianimare la parte liberale, si aspettava. Come il De Matteis ebbe sentore di queste pratiche cominciò una furiosa persecuzione, di cui non si vide la simile in quel paese che pure aveva veduto il Manhès, e che abbonda di uomini ferocissimi. Incarcerava a centinaia donne, vecchi, fanciulli, servitori, e a furia di bastonate, di legature, e di altri strazi voleva sapere dove erano i colpevoli. Se gli capitava uno sospetto faceva legarlo per le dita grosse delle mani e dei piedi, e così aggomitolato lo faceva con un calcio ruzzolare per una scalinata, e rimanere giù infranto ed ammaccato.
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