Cadute queste speranze gli animi irritati facevano altri disegni, e si persuadevano che libertà si piglia per forza non si acquista per dono di principe. Non si sperò più nel Borbone, ma per un’illusione peggiore molti speravano nella Francia. Ricordavano che da Francia ebbe Napoli libertà nel 1799, e poi nuovi principi, e nuove leggi, e tutto quel bene che rimaneva non guasto dai Borboni; credevano che se una rivoluzione si mantenesse per un mese, certamente la Francia verrebbe ad aiutarla. Un mutamento lo volevano tutti, ma il concetto di quello che si voleva non era uno e definito. I vecchi dicevano: piuttosto il turco che i Borboni sempre mancatori di fede: alcuni desideravano un Murat; ma non isperavano nulla; alcuni tristi carezzavano don Carlo principe di Capua, fratello del Re e dieci volte peggiore di lui; gli onesti rimasti puri desideravano una costituzione col meno tristo dei Borboni; noi altri giovani repubblica, e in tutta Italia, in tutta Europa, in tutto il mondo. Il bisogno di un mutamento fece nascere le tante cospirazioni nel regno, la mancanza di un concetto comune le fece tutte fallire.
Nel 1832 pochi animosi deliberarono di levarsi e gridare la costituzione di Francia: partirono da Napoli e andarono chi in Terra di Lavoro, chi in Puglia, chi in Calabria per cominciare in un medesimo tempo in diversi punti: il primo grido fu levato in Palmi paesello presso Nola, da un frate laico di San Francesco, detto Angelo Peluso, ma non gli fu risposto. Io avevo odorato qualcosa di queste pratiche, ma non v’ero dentro: alcuni miei conoscenti mi gettavano spesso delle parole in aria, che io tenevo spavalderie.
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