Ma quando una mattina io vidi affisso a la cantonata di Santa Maria la Nuova un cartello nel quale si prometteva la taglia di trecento ducati a chi desse frate Angelo alla giustizia, allora io seppi del movimento scoppiato e fallito9. Furono tutti arrestati e condotti nelle prigioni di Santa Maria Apparente, dove patirono crudeli torture. Legati con sottil funicella dalle mani e dai piedi e taluno anche dai genitali, rimanevano così per molte ore gettati per terra: ed ogni tanto entrava il commessario duca Luigi Morbillo ed il custode Cardellino, che a gara li battevano con fiere nerbate, e facevano gettar loro addosso secchie d’acqua fredda: sospendevano taluno per una fune da la volta, e sotto vi bruciavano paglia umida. Vito Purcaro, il quale con suo padre era fra gli arrestati, e fino al 1859 fu in carcere, mi diceva che a lui toccarono delle nerbate dal duca, e che fu sospeso; ma il tormento maggiore l’ebbe dal fumo. Questi rigori erano voluti dal ministro Del Carretto perché egli credeva che il principe Carlo avesse intinto nella cospirazione, ma non v’era, né quegli uomini l’avrebbero voluto con loro. Fu fatta la causa: alcuni condannati a morte, e per grazia all’ergastolo, molti alla galera, e i pochi assoluti rimasero lungamente in carcere. Poco prima del giudizio io andai nel carcere per rendere servigio ad un prigioniere, il quale nelle stanze del custode mi additò frate Angelo lì venuto, che volendo prendere dal braciere un carbone per metterlo su la pipa, lo faceva a stenti, perché gli vidi le mani livide, e le dita distorte e rattratte, e un cerchio rosso intorno ai polsi.
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