” Egli allora: “O duca, non ti prender collera, ch’io ti voglio bene, e scherzo”. Ma il duca non andò più a corte. Giunse a beffare sinanche il proprio figliuolo ed erede del trono, e lo chiamò sempre Lasagnone11.
Questo vizio in un re è codardia, perché non gli si può rispondere. Una volta che la regina Cristina stava per sedere innanzi al pianoforte, egli tirò indietro la seggiola; ed al suo riso, ella regalmente sdegnosa disse: “Credevo di aver sposato il re di Napoli, non un lazzarone”. E veramente colui fu un re lazzaro, nato ed allevato per esser tipo di lazzaro; uomo volgarissimo, avaro, superstizioso: si sentiva dappoco, e credeva tutti gli altri dappochi: per lunga pratica di governo parve accorto, ma era bassamente furbo: fedele solo alla moglie, tenero dei figliuoli, costumato e modesto in casa, pessimo sul trono.
Secondavano il re i suoi principali ministri. Francesco Saverio Del Carretto, ministro della polizia e capo della gendarmeria, aveva in mano un immenso potere e lo esercitava con arbitrio spaventevole. Nei giudizi criminali, nei piati civili, nelle contese di famiglia, nel commercio, nell’istruzione, nell’amministrazione, metteva le mani in tutto, e tutto rimescolava con insolenza gendarmesca. Operoso e destro, non aveva alcuna fede, fu carbonaro, poi, ribenedetto, carezzava i liberali per corromperli, lisciava le donne per usarne anche come spie. Nicola Santangelo ministro dell’interno era un ometto gonfio di molta vanità, pratico di faccende, amante di anticaglie delle quali formò un ricco e prezioso museo, era in voce di ladro, ma non lasciò alcuna ricchezza.
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