Io non conobbi mai Giuseppe Mazzini, ma io l’onoro come uomo che al suo tempo fece gran bene alla causa della libertà. Egli ebbe un concetto monco, la libertà e l’indipendenza, e non si curò dell’unità che per noi italiani è idea madre di tutte le altre: rappresentò un’idea vaga di libertà e però egli ebbe seguaci tutti coloro che non avevano un concetto determinato della libertà, e specialmente i giovani. Ma allora chi l’aveva questo concetto determinato? Allora non era pazzia cospirare e appartenere ad una setta repubblicana per tentare di riacquistar libertà, ma era ardire generoso. Io ero repubblicano allora perché nella repubblica vedevo libertà: esser repubblicano oggi mi parrebbe sfasciare l’unità, e dare l’Italia in mano al papa e allo straniero: la repubblica oggi sarebbe un parricidio. L’unità d’Italia non è un fatto solamente politico, come l’unità germanica, ma è un fatto anche religioso che avrà lunghe e larghe conseguenze fra tutti i popoli cristiani: e se tra gli altri popoli si prepara la grande rivoluzione sociale che si avvicina terribile, in Italia si prepara la coscienza che dovrà informare e guidare quella rivoluzione.
Fintanto che in Italia ci sarà un Papa ci deve essere un Re, che solo può tenerlo in freno anche essendo credente e cattolico. E se verrà tempo che tutti gli stati di Europa diventeranno repubbliche, ultima fra tutti dovrà essere l’Italia e soltanto dopo che sarà distrutto e dimenticato il papa. Ma torniamo al 1834.
Mazziniani veri ce n’erano in Abruzzo, e non giovanotti come noi, e scrivevano delle belle lettere al Mazzini e ne ricevevano bellissime risposte, ma non erano ordinati a setta, e non sapevano di noi né noi di loro, e dopo alquanti anni ci siamo conosciuti.
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