Intanto egli per rallegrar gli animi dava feste di ballo, e mostrava ilarità: e questo ad alcuni parve spettacolo più crudele del cholera e delle fucilazioni. La Sicilia rimase atterrita: Siracusa per pena della ribellione fu privata dell’intendenza, che passò a Noto: e così l’antica regina della Sicilia fu ridotta a città capoluogo di distretto.
In Cosenza fu solamente un tentativo. Nei paeselli circonvicini si unirono parecchi armati che dovevano entrare nella città, dove avevano accordo coi prigionieri i quali ad ora stabilita dovevano sforzare il carcere ed uscire: ma gli armati non convennero tutti, ed i prigionieri impazienti romoreggiarono innanzi tempo: onde l’onesta cittadinanza accorse ed impedì si scatenassero seicento malfattori. Subito fu spedito al castigo Giuseppe de Liguoro, che allora era intendente di Catanzaro, e fu creato commessario delle tre Calabrie con poteri pienissimi. Costui che era colonnello di gendarmeria, braccio del Del Carretto, ed era stato principale operatore della distruzione di Bosco nel 1828, corse tosto a Cosenza; e tra prigionieri ed altri che gli vennero a mano, scelse sette, li fé condannare dalla Commissione militare e subito fucilare come avvelenatori e spargitori di voci contro il governo. Così proprio diceva la condanna: si poteva dunque non credere al veleno? A molti altri fulminò pene di galera, di carcere, di esilio, e così acchetò ogni moto.
In Abruzzo erano le voci stesse, e sdegni, ed accordi, e la città di Penne più ardita e pronta.
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