Pagina (101/271)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Era una sera bellissima, le stelle scintillavano più vive, avevamo ragionato un pezzo su la misera condizione della patria, ed io parlai loro la prima volta apertamente della giovane Italia, come di una novella religione politica della quale noi dovevamo essere apostoli e martiri ancora, spiegai loro ogni cosa, e terminai col dire: “Noi la vedremo un’Italia unita e forte, vedremo le armi di un console o del dittatore valicare le Alpi, cingere Vienna, e piantare su quei baluardi la nostra bandiera negra.” I due amici non avevano fiatato, non m’avevano interrotto, e quando io ebbi finito mi si gettarono tra le braccia e mi strinsero forte.
      Essi furono i primi affiliati a la setta che io feci in Catanzaro.
      Per avere da Napoli le novelle politiche, e per ragguagliare il mio amico Musolino di ciò che io facevo, ci scrivevamo lettere con caratteri invisibili, le quali andavano e venivano per la posta con poca prudenza. Non mi domandate che cospirare era quello, che fine io avevo.
      Cospiravo perché non sapevo starmi cheto tra gli oppressi, ne mettermi tra gli oppressori, perché rimanermi inerte mi pareva codardia.
      Così passarono gli anni 1837 e 1838. Ma tosto ci fu un traditore.
      Un prete mio amico G[aetano] L[arussa] volle che io conoscessi il parroco di un paesello chiamato Crichi, col quale ei mi disse che s’erano allevati insieme in seminario, e che era liberale e bravo, e si chiamava Nicola Barbuto. Quando io vidi questo parroco Barbuto sentii certa ripugnanza per lui, e mia moglie con quel fino senso che hanno le donne lo temeva come un nemico, ché egli era brutto e nero come un topo e aveva il labbro leporino; pure io lo accolsi e gli feci dare un catechismo.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





Italia Italia Alpi Vienna Catanzaro Napoli Musolino Crichi Nicola Barbuto Barbuto