Potrei condurre con me altri gendarmi, potrei mettervi le manette, ma io fido in un galantuomo. Mi date la vostra parola che non fuggirete?” “Sì, vi do la mia parola.” “Posso esser sicuro?” “Più che se mi conduceste in mezzo ad un reggimento.” “Va benissimo.” E veramente ei mi fu molto cortese, non volle accettar danari che gli offerii, mi trattò con rispetto, e la moglie parvemi una buona donna. Nel quarto luogo della diligenza entrò un pretarello magro e squarciato come un levriero, che con un fagottino sotto l’ascella camminava a piedi quando la diligenza andava adagio. “Dove si va, abate?” “A Roma, per vedere la canonizzazione del beato Alfonso de Liguoro e del beato Francesco de Girolamo. E voi?” “Io? vo con questo sergente.” “A Napoli?” “Voi andate a vedere un pochino di paradiso, ed io vo’ all’inferno, vo’ carcerato.” Il povero prete mi aprì tanto un paio d’occhi in faccia, si fe’ pallido, e non disse più che monosillabi.
La terza notte giungemmo in Napoli, e dismontammo innanzi l’ufficio delle poste. Quivi il sergente mi disse: “Abbiate un occhio al mio fucile, che non me lo rubino”. Me lo porse e si allontanò con la moglie. A quell’ora, in quel luogo, in una città così grande di cui io conoscevo tutti i viottoli, nessuno sapendo che io era prigioniero, mi venne la tentazione di fuggire e gettare il fucile in qualche parte, ma avrei tradito un uomo che aveva fidato in me, lo avrei rovinato, fattolo arrestare, subissare: rimasi e gli consegnai il fucile quando ei tornò. Ei condusse la moglie in un albergo, e poi me in prefettura, dove mi disse: “Spero di rivedervi subito libero”. Non ho più riveduto quel gendarme galantuomo.
| |
Posso A Roma Alfonso Liguoro Francesco Girolamo A Napoli Napoli Abbiate Spero
|